Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/208

a’casi sopravvegnenti, «come vuol, son presto», a ricevere e a sostenere. «Non è nuova agli orecchi miei tale arra», cioè tale annunzio, quale è quello il quale mi fate, percioché da Ciacco e da messer Farinata m’è stato predetto: «Però giri Fortuna la sua ruota», cioè faccia il suo uficio di permutare gli onori e gli stati, «Come le piace, e ’l villan la sua marra». — Queste parole dice per quello che ser Brunetto gli ha detto de’ fiesolani, che contro a lui deono adoperare, li quali qui discrive in persona di villani, cioè d’uomini non cittadini, ma di villa; e in quanto dice «la sua marra», intende che essi fiesolani, come piace loro, il lor malvagio esercizio adoperino, come il villano adopera la marra. «Lo mio maestro allora in su la gota», cioè in su la parte «Destra, si volse indietro, e riguardommi. Poi disse: — Bene ascolta», cioè non invano ascolta, «chi la nota», — con effetto, la parola la quale tu al presente dicesti (cioè «giri Fortuna come le piace la sua rota», ecc.), volendo per questo confortarlo a dover cosi fare, come esso dice di fare. «Né per tanto di men», cioè perché Virgilio cosi dicesse, «parlando vommi, Con ser Brunetto, e dimando chi sono Li suoi compagni», co’ quali egli poco davanti andava, «piú noti», a lui, «e piú sommi», per fama. «Ed egli a me: — Saper d’alcuno è buono». E fagli ser Brunetto questa risposta alla domanda che l’autore fece, dicendo «e piú sommi»; quasi voglia ser Brunetto dire (si come assai bene appare appresso): se io ti volessi dire i piú sommi, sarebbe troppo lungo, percioché tutti furono uomini di nome e famosi. E, detto d’alcuno, «Degli altri fia laude vole tacerci». Volendo forse per questo dire: egli v’ha si fatti uomini, che lo ’nfamargli di cosi vituperevole peccato, come questo è, e per lo qual dannati sono, potrebbe esser nocivo; e, se non per loro, per coloro li quali di loro son rimasi. Comeché egli altra ragione n’assegni, perché sia laudevole il tacersi, dicendo: «Ché ’l tempo», che conceduto m’è star teco, «saria corto», piccolo o brieve, «a tanto suono», cioè a cosi lungo ragionare, come, ragionando di costoro, si converrebbe fare. E, questo detto,