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sue schiere»; e questo fece «accioché’l vapore», acceso, che cadeva sopra la rena, «Me’ si stingueva», cioè spegneva, «mentre ch’era solo», cioè prima che con l’altre parti accese si congiugnesse. «Tale scendeva l’eternale ardore», quale mostrato è nell’esempio di sopra detto, «Onde la rena s’accendea com’ésca Sotto fucile». D’assai cose e diversamente si compone quella materia la quale noi chiamiamo «ésca», atta ad accendersi da qualunque piccola favilla di fuoco; e il fucile è uno strumento d’acciaio a dovere delle pietre, le quali noi chiamiamo «focaie», fare, percotendole, uscir faville di fuoco. E l’accender di questa rena avveniva, per «addoppiare il dolore» de’miseri peccatori che su vi stavano. «Senza riposo mai era la tresca». È la «tresca» una maniera di ballare, la qual si fa di mani e di piedi, a similitudine della quale vuol qui l’autore che noi intendiamo i peccatori quivi le mani menare, e però dice: «Delle misere mani»; e poi dimostra in che, dicendo: «or quindi, or quinci», cioè ora da questa parte del corpo, ora da quella, «Iscotendo da sé l’arsura fresca», cioè il fuoco che continuamente di nuovo piovea. «Io cominciai: — Maestro». Qui comincia la terza parte del presente canto, nella quale, poi che l’autore ha discritta la pena de’ peccatori che quivi son dannati, ed esso domanda d’alcun di quegli dannati chi el sia, e il dannato medesimo gli risponde in parte. Dice adunque: «Io cominciai: — Maestro, tu che vinci Tutte le cose, fuor che i dimón duri, Ch’all’entrar della porta», di Dite, «incontro uscinci». Dice questo l’autore, percioché infino a quel luogo Virgilio avea con le sue parole vinto ogni dimonio che incontro gli s’era fatto, se non quegli che in su la porta di Dite sentirono: dove allegoricamente si dee intendere la ragione ogni cosa vincere, se non l’ostinazione, la quale sola la divina potenzia vince e matura, come di sopra è stato mostrato. «Chi è quel grande, che non par che curi Lo ’ncendio», di queste fiamme, negli atti suoi, «e giace dispettoso e torto», quasi non doglia senta del tormento, ma dispetto dell’esser tormentato, «Si che la pioggia», delle fiamme, che continuamente caggiono, «non par che ’l maturi»? — cioè l’aumili.