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II Senso allegorico [Lez. ni] «Non era ancor di lá Nesso arrivato», ecc. Avendo la ragione nel superior canto mostrato aH’autore qual sia la colpa di coloro, li quali violenza usano nel prossimo o nelle sue cose, piú avanti per lo settimo cerchio procedendo, gli dimostra a qual pena dannati son coloro, li quali in se medesimi crudelmente adoperano, e le lor cose bestialmente gittano e consumano, discrivendogli primieramente quegli che contro a sé, uccidendosi, hanno bestialmente adoperato, essere a perpetua pena dannati. E la pena è questa, che essi, dalla divina giustizia gittati in inferno, quivi diventano salvatiche piante, e che delli loro rami e frondi l’arpie schiantando si pascono: di che intollerabile dolor sentono, il quale per quelle rotture con dolorosi lamenti mandan fuori; dicendo ancora esse arpie sopra li loro rami fare i nidi loro; e in accrescimento della lor doglia mostra loro essere nella loro opinione privati della speranza di doversi di lor corpi rivestire al di del giudicio, come tutte l’altre faranno. È adunque da sapere, accioché si conosca qual ragione movesse l’autore a fingere l’anime di questi dannati convertirsi in piante, l’anime nostre avere tre potenzie principali, delle quali è la prima potenzia «vegetativa», la quale ne dá la natura come generati siamo, in quanto cominciamo per questa potenza a prender nutrimento, per lo quale Tesser nostro si conserva e aumenta: e in questa potenza comunichiam noi con Terbe e con gli alberi e con ogni altra creatura insensibile. La seconda potenza è la «sensitiva», la quale l’anima nostra, avanti che noi nasciamo, riceve dalla natura, in quanto noi cominciamo a sentire e a muoverci nel ventre della nostra madre, comeché questa