Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/145

merito da coloro a’ quali elle si sottomettono, cosi la ’nvidia aver per merito il disfacimento di colui al quale ella è portata. [Ma, percioché ancora in parte alcuna non s’è singulare ragionamento avuto di questo vizio, percioché ancora al luogo dove si puniscono gl’invidiosi non s’è pervenuto, poiché qui cosi efficacemente in poche parole ne parla, sará utile, secondo quello che di questo vizio sentono i poeti, dire alcuna cosa.] [Discrive adunque questo pessimo vizio Ovidio nel suo maggior volume in questa forma: ... Domus est imis in vallibus huius abdita, sole carens, non ulti pervia vento: tristis et ignavi pienissima frigoris et quae igne vacet semper, caligine semper abundet. E poco appresso séguita: ... Videi intus edentem vipereas carnes, vitiorum alimenta suormn, invidiarn, visamque ocu/is avertit: at illa surgit humo pigre, semesarumque relinquit corpora serpentum, passuque incedit inerti. E poco appresso: Pallor iti ore sedens, macies in corpore loto, nusquam recla acies, livent rubigine dentes, pectora felle virent, lingua est suffusa vetieno; risus abest, nisi quem visi fecere dolores; nec fruitur sonino, vigilantibus excita curisi sed videi ingratos, intabescitque videndo, successus hominum; carpitque et carpitur una: suppliciumque suutn est, ecc.] [Nella quale discrizione se noi sanamente riguarderemo, assai appieno vedremo i pestiferi effetti di questo vizio. Essa, secondo che noi veggiamo da Ovidio scritto, abita nelle valli, cioè, secondo il giudicio dello ’nvidioso, nelle piú misere fortune, percioché allo ’nvidioso pare sempre che coloro, alli quali esso porta invidia, sieno in maggiore e migliore e piú rilevata fortuna di lui; e, oltre a ciò, nell’abitazione dell’invidia, cioè nel