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stato vinto da Cesare, gli mandò comandando che con pochi compagni venisse a lui; ma Pompeio fuggendosi, fu da Tizio e da Furnio, antoniani duci, piú volte vinto, e ultimamente preso e ucciso. Dopo il quale miserabile fine, percioché violento raptore, corseggiando e guerreggiando, fu dell’altrui sostanze e vago versatole del sangue degli uomini, in questo fiume di sangue bogliente, secondo che qui mostra l’autore, fu dalla divina giustizia dannato. «Ed in eterno munge», questo fiume cosi bogliente, «Le lagrime che col bollor disserra», cioè manda fuori, «a Rinier da Corneto». Questi fu inesser Rinieri da Corneto, uomo crudelissimo e di pessima condizione, e ladrone famosissimo ne’ suoi di, gran parte della marittima di Roma tenendo con le sue perverse operazioni e ruberie in tremore. «A Rinier Pazzo». Questi fu messer Rinieri de’ Pazzi di Valdarno, uomo similmente pessimo e iniquo, e notissimo predone e malandrino, per le cui malvagie operazioni l’autore qui il discrive esser dannato. «Che fecero alle strade tanta guerra», pigliando, rubando e uccidendo chi andava e chi veniva. «Poi si rivolse». Qui comincia la sesta e ultima parte del presente canto, nella quale l’autore, poi che ha discritto ciò che dal centauro dice essergli stato mostrato, ed è stato da lui dall’altra parte portato, mostra come esso, ripassato il fiume, se ne tornasse, dicendo: «Poi», che cosi ebbe detto, «si rivolse», al passo donde passato l’avea, «e ripassossi ’l guazzo», cioè quel fossato del sangue.