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consumati, e da loro liberata l’isola, Dionisio occupata, secondo che scrive Giustino, la signoria di quella, primieramente mosse guerra a tutti i greci, li quali in Italia abitavano, e venne lor sopra con grandissimo esercito; e, fatti molti danni, e vinti i locresi, e guerreggiando que’ di Crotone, avvenne che con lui si congiunsero in compagnia quelle reliquie de’ galli, li quali avevano Roma guasta. Ma da questa guerra il richiamò in Cicilia un grande esercito di cartaginesi venutovi; ed essendo da molti sinistri avvenimenti debilitato assai, da’ suoi medesimi fu ucciso, avendo giá trentotto anni regnato. Il quale, secondo che scrive Tullio nel preallegato libro, fu nel modo del suo vivere temperatissimo, e nelle operazioni sue fortissimo e industrioso; e con questo fu pessimo e malefico, senza alcuna giustizia, e crudelissimo occupatore dell’altrui sustanze, vago del sangue degli uomini e disprezzator degl’iddii. Ed essendo allevato con certi giovanetti greci, l’usanza de’ quali il dovea trarre ad amarli, mai d’alcuno non si fidò, ma solo in quegli, li quali eleggeva in servi, ogni sua fede pose. Ed essendo divenuto signore, in ferocissimi barbari commise la guardia del corpo suo. Della qual fu tanto sollecito, che, non volendo, per téma, nelle mani d’alcun barbiere rimettersi, fece le figliuole, ancora piccole, apparare a radere, e a loro rader si faceva; e, poi che crebbero, sospettando, fece loro lasciare i rasoi, e prender gusci di ghiande e di noci o di castagne, e quegli roventare, e con essi si faceva abbruciare i peli della barba e quegli del capo. E, avendo due mogli, delle quali l’una ebbe nome Aristomaten siragusana, e Taltra Dorida della cittá di Locri, ad esse non andava mai, che esso primieramente non cercasse che alcun ferro o altro nocivo non vi fosse. E, avendo circundata la camera nella qual dormia, d’una larghissima fossa, e sopra quella fatto un ponticello di legno levatoio, come in quella era entrato, e serrato l’uscio, cosi levava il ponte; e, non avendo ardire di fidarsi nelle comuni ragunanze, quante volte in esse voleva alcuna cosa dire, tante, salito sopra un’alta torre, diceva quel che voleva a coloro che di sotto dimoravano. E intra gli altri suoi commendatori