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Laomedonte, e appo i latini Fauno, padre di Latino. Nondimeno Leone tessalo diceva esserne stato un altro molto piú antico di costui, il quale, essendo grandissimo musico, aveva trovato insieme con Museo quel modo esquisito di parlare, il quale di sopra dicemmo; avvegnaché Eusebio in libro Temporum scriva questo Museo, figliuolo di Eumolpo, essere stato discepolo d’Orfeo. «; Tullio». Tullio, quantunque roman fosse, nondimeno la sua origine fu d’Arpino, cittá non lontana da Aquino, anticamente stata di que’ popoli che si chiamarono volsci; e discese di nobili parenti, percioché si legge li suoi passati essere stati re della lor cittá. Questi, giovanetto, venne a Roma; e giá in eloquenza valendo molto, avendo l’animo gentile, sempre s’accostò a’ piú nobili uomini di Roma. I suoi studi furon grandi e in ogni spezie di filosofia: e quantunque in quegli fosse ammaestratissimo, nondimeno in eloquenza trapassò ogni altro preterito, e, per quello che insino a questo di veder si possa, si può dire e futuro. Costui compose molti e laudevoli libri. Egli ancora giovinetto compose in rettorica V Arie vecchia e la Nuova. Poi, piu maturo, compose in questa medesima facultá un libro chiamato De oratore, nel quale con artificioso stilo racchiuse ciò che in retorica dir si puote. Scrisse, oltra a ciò, molti filosofici libri, si come quello De ojficiis, Delle quistion tusculane, De natura deorum, De diviuatioue, De laudibus philosophiae, De legibus, De re publica, De re frumentaria, De re militari, De re agraria, De amicilia, De senectute, De paradoxis, De lopicis ed altri piú: e lasciò infinite orazioni fatte in senato ed altrove, degne di eterna memoria: e, oltre a ciò, scrisse un gran volume di pistole familiari e altre. Divenne per la sua industria in Roma splendido cittadino, in tanto che non solamente fu assunto tra la gente patrizia, ma esso fu fatto dell’ordine del senato, e insino al sommo grado del consolato pervenne: nel quale avendo da Fulvia, amica di Quinto Curio, e da certi ambasciatori degli allobrogi cautamente sentita la congiurazione ordinata da Catellina, presi certi nobili giovani romani che a quella tenevano, essendosi giá Catellina partito di Roma, di grandissimo pericolo liberò la cittá.