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scolastiche si legge, al tempo di Serse, re di Persia, e mori regnante il re Assuero. [Lez. xvil «E Platone». Platone fu per origine nobilissimo ateniese. Egli fu figliuolo d’Aristone, uomo di chiara fama, e di Perissione sua moglie; e, secondo che alcuni affermano, esso fu de’ discendenti del chiaro legnaggio di Solone, il quale ornò di santissime leggi la cittá di Atene. E volendo Speusippo, figliuolo della sorella, e che dopo la sua morte le scuole sue ritenne insieme con Clearco e con Anassalide, stati suoi uditori, nobilitare la sua origine, si come essi nel secondo libro della Filosofia scrivono, finsero Perissione, madre di lui, essere stata oppressa da una sembianza d’Apolline; volendo che per questo s’intendesse, lui per opera del padre, il quale gli antichi estimarono essere iddio della sapienza, avere avuta la divina scienza, la quale in lui uomo mortale fu conosciuta. Fu costui, oltre ad ogni altro suo contemporaneo, eloquentissimo: e fu tanta dolcezza e tanta soavitá nella sua prolazione, che quasi pareva piú celestial cosa che umana, parlando. La qual cosa per due assai evidenti segni, avanti che a quella perfezion divenisse, fu dimostrata. Primieramente, essendo egli ancora picciolissimo fanciullo e nella culla dormendo, furono trovate api, le quali sollecitamente studiandosi, non altrimenti che in uno loro fiaro, gli portavano mèle, senza d’alcuna cosa offenderlo. Secondariamente, quella notte che precedente fu al di che Aristone lui giovanetto menò a Socrate, accioché della sua dottrina l’ammaestrasse, parve nel sonno a Socrate vedere di cielo discendere un cigno, e porglisi sopra le ginocchia, e pascersi di quello che da esso Socrate gli era dato. Per che, come Socrate vide Platone il di seguente, cosí estimò lui esser quel cigno che nel sonno veduto avea. E il cigno, secondo che questi fisiologi scrivono, è uccello, il quale soavissimamente canta: per la qual dolcezza di canto assai bene si può comprendere essere stata dimostrata la dolcezza della sua futura eloquenza. Fu costui nominato Plato, secondo che Aristotile afferma, dalla ampiezza del petto suo. Esso, poiché piú anni ebbe udito Socrate, secondo che Agostino racconta nel quarto della Cittá di