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divenuti, al re Tarquino, che minacciando tornava da Ardea, del tutto negarono il ritornare in Roma: e subitamente in luogo del re fecero due consoli, appo i quali fosse la dignitá e la signoria del re, si veramente che piú d’uno anno durar non dovesse: e di questi due primi consoli fu l’uno Bruto e l’altro Collatino. E, sentendo, in processo di tempo, Bruto due suoi figliuoli tenere alcun trattato di dovere rimettere il re e’ figliuoli suoi a Roma, fattigli spogliare e legare ad un palo, prima agramente batter gli fece con verghe di ferro, e poi in sua presenza ferire con la scure e cosí morire. Cotanto adunque mostrò essergli cara la libertá racquistata. Ma poi, avendo Tarquino invano tentato di ritornare per trattato in Roma, ragunata da una parte e d’altra gente d’arme, ad assediare Roma venne. Incontro al quale uscirono col popolo di Roma armati i consoli; ed essendosi tra’ due eserciti cominciata la battaglia, avvenne che Arruns, l’uno de’ figliuoli di Tarquino, combattendo, vide Bruto; per che, lasciata la battaglia degli altri, gridò: — Questi è colui che m’ha del regno cacciato; — e drizzato il cavallo e la lancia verso lui, e punto degli sproni il cavallo, quanto correr potea piú forte n’andò verso lui. Il quale veggendo Bruto venire, e conosciutolo, non schifò punto il colpo, ma verso lui dirizzatosi con la lancia e col cavallo, avvenne che con tanto odio delle punte delle lance si ferirono, che amenduni morti caddero del cavallo. E poi, avendo i romani avuta vittoria de’nemici, con grandissimo pianto ne recarono in Roma il corpo di Bruto, lá dove egli da tutte le donne di Roma, si come padre e ricuperatore della loro libertá e vendicatore e guidatore della loro pudicizia, fu amarissimamente pianto, e poi, secondo l’uso di que’ tempi, onorevolmente fu seppellito. «Lucrezia». Di questa donna è narrata la storia. «Marzia». Marzia non so di che famiglia romana si fosse, né alcune storie sono, le quali io abbia vedute, che guari menzione faccian di lei. Par nondimeno, per antica fama, tenersi lei essere stata onesta e venerabile donna; e per tutti si tiene, e Lucano ancora il testimonia, lei essere stata moglie, non una sola volta, ma due, di Catone uticense. Il quale avendola la prima volta