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secondo che scrive Eusebio in libro Tempo rum, l’anno 23 di Danao, re degli argivi, il quale fu l’anno della creazion del mondo 3752. E, oltre a questo, scrivono alcuni che esso uccise la figliuola, la quale, percioché vicina era al tempo del parto, fu da alcuni aperta, e trattale la creatura, giá perfetta, del ventre, e allevata. E questi che cosí eran tratti de’ ventri delle madri erano consegrati ad Apolline, in quanto per beneficio della sua deitá, cioè dell’arte della medicina, erano in vita tratti Scrivono, oltre a ciò, i poeti che Apolline, essendo turbato di ciò che Flegias avea arso il tempio suo, il fulminò e mandonne l’anima sua in inferno, e condannolla a questa pena: che egli stesse sempre sotto un grandissimo sasso, il qual parea che ogni ora gli dovesse cadere addosso; di che egli sempre stava in paura. E di lui scrive Virgilio nel sesto d&W Eneida: Phlegyasque miserrimus omnes admonet, et magna te statar voce per umbras: discite iustitiam moniti, et non contemnere divos, ecc.] «Lo duca mio». Poi che l’autore ha dimostrato Flegias essersi turbato del non dovere acquistar piú che sol passando il loto, ed egli scrive come con Virgilio scendesse nella nave di Flegias: per che comprender si può che altra via non v’era da poter piú avanti procedere, senza valicar per nave il padule. E dice: «discese nella barca, E-poi mi fece entrare», nella barca, «appresso lui; E sol quando fu’dentro parve carca»: in che assai ben si comprende che lo spirito non è d’alcun peso, ma che il corpo è quello che è grave. È questa parte presa da Virgilio, dove dice, nel sesto de\V Eneida, come Enea trapassò per nave Acheronte, dicendo cosí: siami accipit alveo ingentem Aeneam. Gemuit sub pondere cymba subtilis, et multavi accepit rimosa paludem, ecc. Poi segue l’autore: «Tosto che ’l duca ed io nel legno fui», cioè nella barca; e usa qui l’autore il generai nome delle navi per lo speziale, percioché generalmente ogni vasello da navicare