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leggerissima cosa; avendo del tutto in dispregio ciò che Seneca intorno a queste fatiche scrive a Lucilio, dove dice: «Magnae divitiae sunt, lege naturae, composita pauperlas. Le.r au/em illa natia ae scis quos terminos nobis staluat: non exurire, non sitire, non algere; ut /ameni silimjue depellas, non est necesse superbis assidere liminibus, nec supercilium grave et con/umeliosam et, ani humUitalem pati; non est necesse maria tentare, nec sequi castra; parabile est quod natura desiderai et apposiluni. Ad supervacua sudalur: illa sunt qtiae logam conlerunt. quae uos seuescere sub tentorio cogunt, quae in aliena litora impinguili. Ad manum est, quod sai est: qui cani paupertale bene convenit, dives est». E se questi cotali Tossono contenti quando ad alcun convenevole termine pervenuti sono, o fossero contenti di pervenire a questo termine con onesta fatica e laudevole guadagno, forse qualche scusa il naturale appetito, il quale abbiamo infisso, d’avere, gli troverebbe; ma, percioché, a questo, modo non si sa porre, tutti nel miserabile vizio trapassiamo, cioè in soperchio volere piú che non si conviene. È il vero che il trapassar per questa via il convenevole par tollerabile, quando a quelle che molti altri tengono si riguarda.

Sono i piú si offuscati dall’appetito concupiscibile, che ogni onestá, ogni ragione, ogni dovere cacciano da sé, in dover per qualunque via ragunare, non solamente piú che non bisogna ad uno, ma ancora piú che non bisognerebbe a molti: e, per pervenire a questo, altri si danno senza alcuna coscienza a prestare ad usura, altri a rubare e occupare con violenza l’altrui, altri ad ingannare e fraudolentemente acquistare, e con altri esercizi simili, non piú d’infamia che di fama curando, si sforzano le lor fortune ampliare. Contro a questi cotali dice Tullio nel libro terzo Degli offici: «Detrahere igítur alteri aliquid, et hominem hominis incommodo sutim con/modum antere, magis est contra naturarti, quam mors, quani pauperlas, quam dolor, qriam caetera, quae possuut ani corpori accidere, aut rebus aeternis», ecc. Sono nondimeno alcuni altri, li quali pare che prima facie vogliano e ingegninsi d’avere piú che il bisogno non richiede,