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«Ed egli a me: — Vano», cioè superfluo, «pensiero aduni», cioè con gli altri tuoi raccogli. E incontanente’gli dice la cagione, seguendo: «La sconoscente vita», cioè sanza discrezione menata, «che i fé’ sozzi», di questi due vizi, e per conseguente indegni di fama, «Ad ogni conoscenza», ragionevole, «or gli fa bruni», cioè oscuri e non degni d’alcun nome. «In eterno verranno alti due cozzi», cioè a’ due punti del cerchio, li quali di sopra son dimostrati, dove insieme si percuotono. «Questi», cioè gli avari, li quali appare essere dall’un dei lati, «risurgeranno dal sepolcro», il di del giudieio universale, «Col pugno chiuso», testificando per questo atto la colpa loro, cioè la tenacitá, la quale per lo pugno chiuso s’intende; «e questi», cioè i prodighi, «co’crin mozzi», [per li quali crini mozzi similmente testificheranno la loro prodigalitá ] [E la ragione perché questo per gli crin mozzi si testifichi è questa: intendono i dottori, moralmente, per li capelli le sustanze mondane, e meritamente, percioché i capelli in sé non hanno alcuno omore, né altra cosa la quale alla nostra corporal salute sia utile; sono solamente alcuno ornamento al capo, e per questo ne son dati dalla natura; e cosí dirittamente sono le sustanze temporali, le quali per sé medesime alcuna cosa prestar non possono alla salute dell’anime nostre, ma prestano alcuno ornamento a’ corpi; e perciò dirittamente sentono coloro, li quali intendono per li capelli le predette sustanze. Risurgeranno adunque i prodighi co’ crin mozzi,] a dimostrare come essi, stoltamente e con dispiacere a Dio, diminuissono le loro temporali ricchezze. «Mal dare», la qual cosa fanno i prodighi, «e mal tener», il che fanno gli avari, «lo mondo pulcro», cioè il cielo, nel quale è ogni bellezza, «Ha tolto loro», si come appare, poiché in inferno dannati sono, «e» hannogli gli due detti vizi «posti a questa zuffa», cioè di percuotersi insieme co’ pesi i quali volgono, e col rimproverarsi l’una parte all’altra le colpe loro: «Quale ella sia», la zuffa di costoro, «parole non ci appulcro» cioè non ci ordino e non ci abbellisco dicendo; quasi voglia dire che assai di sopra sia stato dimostrato.