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e per molte fatiche tutte dannose e da vituperare; le quali se alcuna volta il disiderante conducono al pestifero effetto, non si contenta né finisce il suo disiderio d’aver copia di veder la cosa amata, d’aver copia di parlarle, d’aver copia d’abbracciarla e di baciarla, se, tutti i vestimenti rimoti, con quella ignudo non si congiugne, accioché possa ogni parte del corpo toccare, con ogni parte [essere tócco e] strignersi, e della morbidezza di quello miseramente consolarsi; mostrando, per questo, l’ultimo e il maggiore diletto di cosí miserabile appetito stare nelle congiunzioni corporali, ogni mezzo rimosso. Le quali due detestabili operazioni punisce la divina giustizia similmente per congiunzione, ma non uniforme Luna all’altra punisce; percioché, dove la predetta fu molto disiderata e molto dilettevole a’ corpi, cosi questa è odiata, e, s’elle potesser, fuggita dalle dannate anime. È adunque la bufera nel testo dimostrata impetuosissima; e quanto, per venire al peccato, i pensieri del cuore e i movimenti del corpo con fatica s’esercitarono, cotanto nello eterno supplicio loro gira e avvolge e trasporta; e, oltre a ciò, in quella cosa che fu piú disiderata da loro, che maggior piacere prestò a’ disonesti congiugnimenti, in quella medesima dolorosamente gli affligge, intanto che essi molto piú disiderano di mai non toccarsi, che di toccarsi non disideraron peccando. E la cagione è manifesta, percioché l’impeto di questa bufera, il quale in qua e in lá, e di giú e di su gli [mena e] trasporta, con tanta forza l’un nell’altro riscontrandosi percuote, che il diletto da loro avuto nel congiugnersi insieme fu niente, a comparazione della pena la quale in inferno hanno nel riscontrarsi; e però come giá molti, vivendo, di congiugnersi disiderarono, cosi morti e dannati disiderano senza prò di mai non iscontrarsi. Le quali cose se bene si considereranno, assai bene si vedrá l’autore far corrispondersi col peccato la pena.