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«Gran duol mi prese al cuor quando Tintesi», si per Virgilio, e si ancora «Peroché gente di molto valore», stati intorno agli esercizi temporali, «Conobbi», non qui, ma nel processo, quando co’ cinque savi entrò nel castello sette volte cerchiato d’alte mura, «che in quel limbo», cioè in quello cerchio superiore, vicino alla superfície della terra (chiamano gli astrologi un cerchio dello astrolabio, contiguo alla circunferenza di quello, e nel quale sono segnati i segni del zodiaco e i gradi di quegli, «limbo»; dal quale per avventura gli antichi dinominarono questo cerchio, percioché quasi immediatamente è posto sotto la circunferenza della terra), «eran sospesi», dall’ardore del lor desiderio. — «Dimmi, maestro mio». Qui, dissi, cominciava la seconda particella della prima parte della seconda division principale, nella quale l’autore muove una questione a Virgilio, ed esso gliele solve. Dice adunque: «Dimmi, maestro mio, dimmi, signore». — Assai l’onora l’autore per farselo benivolo, accioché egli piú pienamente gli risponda, che fatto non avea alla dimanda fattagli nel precedente canto: dopo la quale alcuna altra, che questa, infíno a qui fatta non gli avea. [Ed intende, in questa domanda, non di voler sapere de’ santi padri che da Cristo ne furon tratti, che dobbiam credere il sapea, ma per ciò fa la domanda, per sapere se in altra guisa che in questa, cioè che fatta fu per la venuta di Cristo, alcun altro n’usci mai: quasi per questo voglia farsi benivolo Virgilio, dandogli intenzione occultamente che, se alcuna altra via che quella che da Cristo tenuta fu, vi fosse, egli s’ingegnerebbe d’adoperare di farne uscir lui e di farlo pervenire a salute.] «Comincia’ io, per volere esser certo Di quella fede, che vince ogni errore», cioè per sapere se quello era stato che per la nostra fede n’è porto, cioè che Cristo scendesse nel limbo e traessene i santi padri. [Il che, quantunque creder si debba senza testimonio ciò che nella divina Scrittura n’ è scritto, son nondimeno di quegli che stimano potersi delle cose preterite domandare. Ma io per me non credo che senza colpa far si possa, percioché pare un derogare alla fede debita alle Scritture; e però cosí le cose