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non prezzo, non lusinga o cose simili a queste; percioché, dove da alcuna o da piú di queste mosso fosse, mai giudicare non poria giustamente, e per conseguente non sarebbe atto ministro della giustizia. Conviengli, oltre alle dette cose, esser severo, e massimamente lá dove è tolto luogo alla gratificazione. Puossi infra’ processi, che usano nelle cose giudiciali i ministri della giustizia, per diversi ma onesti accidenti, piú all’una parte che all’altra esser grazioso; la qual cosa nelle cose e ne’ tempi debiti non è vizio, ma è segno d’equitá d’animo nel giudicante; fuori de’ tempi debiti, conviene nelle esecuzioni al giudice esser severo in servare strettamente l’ordine della ragione, e di quello per cagione alcuna non uscire; e massimamente ne’giudici di Dio, il quale insino allo estremo punto della nostra vita con le braccia aperte della sua misericordia n’aspetta, tempo prestandoci alla gratificazione, se prender la vogliamo: ma, poi che a quella non ci siamo voluti volgere, e, quasi a vile avendo la sua benignitá, ci siamo lasciati morire, essendo la sua sentenza passata «in rem indicatavi», con ogni severitá dee qui il ministro della sua giustizia quella mandare ad esecuzione. Le quali tre cose essere pienamente state in Minos si possono conoscere ne’ processi delle sue operazioni, e ancora nella oppenione avuta di lui da coloro li quali qual fosse la sua vita conobbero. Che egli fosse prudente, si può comprendere in ciò, che egli compose le leggi a’ popoli suoi, e quegli, che usi erano di vivere scapestratamente, ridusse per sua industria a vivere sotto il giogo della giustizia. Che egli fosse constante in non muoversi per alcuna affezione da quello che la giustizia volesse, appare nella vittoria di Teseo, avuta del Minotauro, al quale, quantunque nemico fosse, pienamente servò ciò che giusto uomo dovesse servare, cioè di liberar lui e la sua cittá della servitudine, si come promesso avea. Oltre a ciò, apparve la sua severitá in Scilla, figliuola di Niso, re de’ megarensi, la quale, da disonesta concupiscenza mossa, per venire nelle braccia sue, tradí il padre, e fecel signor di Megara e a lui se n’andò; per la qual cosa, quantunque ella fosse nobile femmina e giovane e bella, e avesselo fatto signore di Megara, da niuna di queste