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degli iddíi, accioché piú fosson temuti e avuti in reverenza dal vulgo. Le quali cose non si poterono commodamente fare senza l’oficio de’ poeti, li quali, si per ampliar la lor fama, si per compiacere a’ prencipi, si per dilettare i sudditi, e si ancora per suadere agl’intendenti il virtuosamente operare, quello che con aperto parlare saria suto della loro intenzion contrario, con Azioni varie e maestrevoli, male da’ grossi, oggi non che a quel tempo, intese, facean credere quello che i prencipi voleano si credesse; servando nelli nuovi iddii e negli uomini, li quali degli iddii nati fingevano, quello medesimo stilo che in quello, che vero Iddio primieramente credettero, usavano. Da questo si venne allo adequare i fatti de’ forti uomini a quegli degl’iddii: donde nacque il cantare con eccelso verso le battaglie e gli altri notabili fatti degli uomini mescolatamente con quegli degli iddii. Per che si può delle predette cose comprendere uficio essere del poeta alcuna veritá sotto fabulosa fizion nascondere con ornate ed esquisite parole. E, percioché molti ignoranti credono la poesia niuna altra cosa essere, che semplicemente un favoloso e ornato parlare; oltre al promesso, mi piace brievemente mostrare la poesi esser teologia, o, piú propiamente parlando, quanto piú può simigliante di quella, prima che io vegna a dichiarare perché di lauro si coronino i poeti.

XVIII

CHE LA POESIA È SIMIGLIANTE ALLA TEOLOGIA

Se noi vorrem por giú gli animi e con ragion riguardare, io mi credo che assai leggermente potrem vedere gli antichi poeti avere imitate, tanto quanto all’umano ingegno è possibile, le pedate dello Spirito santo; il quale, si come noi nella divina Scrittura veggiamo, per la bocca di molti i suo’ altissimi segreti rivelò a’ futuri, facendo loro sotto velame parlare ciò che a debito tempo per opera, senza alcun velo, intendeva