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mormorio, non potrebbono, non che meditare, ma leggere, né scrivere, se non stasse il gomito riposato. Certo niuna altra cosa potranno dire, se non che il nostro poeta, e per gli impeti superati e per l’acquistata scienza, sia di doppia corona da onorare. Ma da ritornare è alla intralasciata materia.

XIII

MORTE DI DANTE

Abitò adunque Dante in Ravenna piú anni nella grazia di quel signore, e quivi a molti dimostrò la ragione del dire in rima, la quale maravigliosamente esaltò. Ed essendo giá al cinquantesimosesto anno della sua etá pervenuto, infermò, e come fedel cristiano riconciliatosi, per vera contrizione e confessione delle colpe commesse, a Dio, del mese di settembre, correnti gli anni di Cristo mcccxxi, il di che la esaltazione della santa Croce si celebra, passò della presente vita. La cui anima creder possiamo essere stata nelle braccia della sua nobile Beatrice ricevuta e presentata nel cospetto di Dio, accioché quivi in riposo perpetuo prenda merito delle fatiche passate. Fu la morte del nostro poeta al magnifico cavaliere assai gravosa. 11 quale, fatto il corpo del defunto ornare d’ornamenti poetici, e quello porre sopra un funebre letto, sopra gli omeri de’ piú eccellenti ravignani il fece alla chiesa de’ frati minori, con quello onore che a tanto uomo si conveniva, portare, e quivi in una arca lapidea seppellire, con animo di fargli una egregia e notabile sepoltura. Quindi alla casa, nella quale era Dante prima abitato, tornandosi, secondo il ravignan costume, esso medesimo, a commendazione del trapassato poeta e a consolazione de’ figliuoli e degli amici che dopo lui rimanieno, fece uno esquisito e lungo sermone. Ma poi, infra brieve spazio essendogli tolto lo Stato, cessò il proponimento della magnifica sepoltura; per la qual cosa ancora in quella arca, dove fu posto, le venerabili ossa dimorano. G Boccaccio, Scritti danteschi -1. 6