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d’alcuna cosa la quale disiderino, incontanente lacrimano, mostrando in quello il disiderio suo essere ardentissimo. Per la qual cosa dice Virgilio: «Per che mi fece del venir piú presto: E venni a te», nella piaggia diserta, dove tu rovinavi lá dove il sol tace, «cosí come ella vòlse»; quasi voglia dire che altrimenti non sarei venuto. «Dinanzi a quella fiera», cioè a quella lupa ferocissima, «ti levai, Che del bel monte», sovra ’l qual tu vedesti i raggi del sole, «il corto andar ti tolse»; percioché, se davanti parata non ti si fosse, in bricve spazio saresti potuto sopra il monte essere andato; dove per lo suo impedimento, a volervi su pervenire, ti convien fare molto piú lungo cammino. «Dunque, che è?» cioè quale cagion’è, «perché, perché ristai?» di seguirmi; e reitera la interrogativa, per pungere piú l’animo dell’uditore; «Perché», cioè per qual cagione, «tanta viltá», quanta tu medesimo nelle tue parole dimostri, «nel cuor t’allette?», cioè chiami colla falsa estimazione, la qual fai delle cose esteriori; «Perché ardire e franchezza non hai?». E massimamente: «Poi che tali tre donne benedette», quali di sopra detto t’ho, cioè quella donna gentile, e Lucia e Beatrice, «Curan di te», cioè hanno sollecitudine di te e procuran la tua salute, «nella corte del cielo», nella quale sussidio non è mai negato ad alcuno che umilemente l’addomandi; e, oltre a ciò, «E ’l mio parlar», al quale tu dovresti dare piena fede, se tanto amore hai portato e porti alle mie opere (come davanti dicesti: «Vagliami’l lungo studio e’l grande amore», ecc.), «tanto ben ti promette?» — cioè di conducerti salvamente in parte, della qual tu potrai, se tu vorrai, salire alla gloria eterna. «Quale i fioretti». Qui dissi cominciava la quinta parte di questo canto, nella quale l’autore, per una comparazione, dimostra il perduto ardire essergli ritornato e il primo proponimento Dice adunque cosí: «Quale i fioretti», li quali nascono per li prati, «dal notturno gelo, Chinati, e chiusi»; percioché, partendosi il sole, ogni pianta naturalmente ristrigne il vigor suo; ma parsi questo piú in una che in un’altra, e massimamente G. Boccaccio, Scritti danteschi -1. 15