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non che piú, veggiamo, né alcuna si chiara muoversi, non tirato né sospinto, se non dal divino ordine impostogli; pieno di tanta luce, che ogni altro lucido corpo illumina, ogni terrena cosa vivifica, accresce e nutrica e al suo fine conduce: il quale, per troppo mostrarsi, è non solamente poco prezzato, ma son di quegli che di vederlo ischifano. Per la qual cosa, accioché questo non seguiti, non so qual altra cosa noi possiamo con piú certa ragion dire che sia piú cara, piú da gradire e meglio da riporre e da guardare, che sono gli alti effetti della natura e i secreti misteri e i sublimi della divinitá. Questi, se negl’intelletti universalmente del vulgo divenissero, in poco tempo ne seguirebbe che sarebbon pregiati meno che non è il sole, o che i ragionamenti meccanici e le favole delle femminelle. E per questo lo Spirito santo, d’ogni cosa dottissimo, gli alti segreti della divina mente nascose, come noi possiam vedere, nelle figure del Vecchio Testamento, nelle Visioni di certi profeti, e ancora nell ’Apocalissi di Giovanni evangelista, sotto parole tanto nella prima faccia differenti dal vero e meno conformi nell’apparenza a’ sensi nascosí, che per poco piú esser non potrebbono. Le vestigie del quale, con quelle forze che possono gli umani ingegni seguir la divinitá, con ogni arte s’ingegnarono di seguitare i poeti, quelle cose che essi estimavano piú degne sotto favoloso parlare nascondendo, accioché dove carissime sono, non divenissero vili ad ogni uomo, aperte lasciandole. Il che assai bene pare ne dimostri Macrobio, nel primo libro De somnio Scipionis, cosí dicendo: «De diis autem, ut dixi, caeteris et de anima, non frustra se, nec ut oblectent, ad fabulosa convertunt, sed quia sciunt inimicam esse naturae apertavi nudamque expositionem sui: quac, sicut vulgaribus hominum sensibus intellectum sui vario rerum tegmine operimentoque subtraxit, ita a prudentibus arcana sua voluit per fabulosa tractari. Sic ipsa mysteria figurarum cuniculis operiuntur, ne vel hoc adeptis nudam rerum ta/iuni natura se praebeat, sed summatibus tantum viris, sapienti a interprete, veri arcani consciis. Contenti sihi re li qui ad venerationem, figuris defendentibus a vili tate secretum», ecq.