Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. I, 1918 – BEIC 1758493.djvu/128

uficio attribuiscono, percioché grandissimi legisti furono e giusti uomini: per loro intendendo la coscienza di ciascuno, la quale, sedendo nella nostra mente, è prima e avveduta giudicatrice delle nostre operazioni, e di quelle col morso §uo ci affligge e tormenta. E appresso, a quali pene ella condanna i peccatori, in alquanti tormentati disegnano.] [Dicono quivi essere Tantalo, re di Frigia, il quale, percioché pose il figliuolo per cibo davanti agl’ iddíi, in un fiume e tra grande abbondanza di pomi, di fame e di sete morire; sentendo per costui la qualitá dell’avaro, il quale, per non diminuire l’acquistato, non ardisce toccarne, e cosí in cose assai patisce disagio, potendosene adagiare. E senza fallo sono quello che Tantalo è interpretato secondo Fulgezio, cioè «volente visione»; percioché gli avari alcuna cosa non vogliono de’ loro tesori se non vedergli.] [Fingono ancora in quello essere Isione, il quale, percioché essendo, secondo che alcuni vogliono, segretario di Giove e di Giunone, richiese Giunone di voler giacer con lei; la quale in forma di sé gli pose innanzi una nuvola, con la quale giacendo, d’essa ingenerò i centauri; e Giove il dannò a questa pena in inferno, che egli fosse legato con serpenti a’ raggi d’una ruota, la quale mai non ristesse di volgersi: volendo per questo che per Isione s’intendano coloro li quali sono disiderosi di signoria, e per forza alcuna tirannia occupano, la quale ha sembianza di regno, che per Giunone s’intende; e di questa tirannia sopravvegnendo i sospetti, nascono i centauri, cioè gli uomini dell’arme, co’ quali i tiranni tengono le signorie contro a’ piaceri de’ popoli: ed hanno i tiranni questa pena, che sono sempre in revoluzioni; e, se non sono, par loro essere, con occulte sollicitudini: le quali afflizioni per la ruota volubile e per le serpi s’intendono.] [Oltre a questi, vi discrivono Tizio: percioché disonestamente richiese Latona, dicono lui da Apollo essere stato allo ’nferno dannato a dovergli sempre essere il fegato beccato da avvoltoi, e quello, come consumato è, rinascere intero; per costui sentendo quegli che d’alto e splendido luogo sono gittati in basso