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capitolo ii 39


forza le qualitá del luogo al mio animo avverse me ne farebbono partire, e qui tornare. Dunque concedasi questo da te, che io vada; e come per addietro ne’ miei onori e utili se’ stata sollecita, cosí ora in questa divieni paziente, acciò che io, conoscendo a te gravissimo l’accidente, piú securo per innanzi mi renda, che in qualunque caso ti sia l’onor mio quant’io stato caro. —

Egli avea detto, e tacevasi, quando io cosí ricominciai a parlare:

— Assai chiaro conosco ciò che fermato nell’animo non pieghevole porti, e appena mi pare che in quello raccogliere vogli pensando di quante e quali sollecitudini l’anima mia lasci piena da me lontanandoti, la quale niuno giorno, niuna notte, niuna ora sará senza mille paure: io starò in continuo dubbio della tua vita, la quale io priego Iddio che sopra i miei dí la distenda quando tu vuoi. Deh, perché con soperchio parlar mi voglio io stendere dicendole ad una ad una? Egli non ha brievemente il mare tante arene, né il cielo stelle, quante cose dubbiose e di pericolo piene possono tutto di intervenire a’ viventi, le quali tutte, partendoti tu, senza dubbio spaventandomi m’offenderanno. Oimè! trista la vita mia! Io mi vergogno di dirti quello che nella mia mente mi viene; ma però che quasi possibile per le cose udite mi pare, costretta tel pur dirò. Or se tu ne’ tuoi paesi, ne’ quali ho udito piú volte essere quantitá infinita di belle donne e vaghe, atte bene ad amare e ad essere amate, una ne vedessi che ti piacesse e me dimenticassi per quella, qual vita sarebbe la mia? Deh! se cosí m’ami come dimostri, pensalo come faresti tu se io per altrui ti cambiassi. La qual cosa non sará mai; certo io con le mie mani, anzi che ciò avvenisse, m’ucciderei.

«Ma lasciamo stare questo, e di quello che noi non desideriamo che avvenga, non tentiamo con tristo annunzio gl’iddíi. Se a te pur fermo giace nell’animo il partire, con ciò sia cosa che niun’altra cosa mi piaccia, se non piacerti, a ciò volere di necessitá mi conviene disporre. Tuttavia, se