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32 l'elegia di madonna fiammetta


faceva lieti, e i miei similmente faceva della sua. Li quali, mentre che di quella, parlando io cose varie, essi soperchia dolcezza beveano, quasi d’essa inebriata la luce loro, non so come per picciolo spazio da ingannevole sonno vinti, toltemi le parole, stettero chiusi. Il quale cosí soave da me passando, come era entrato, del caro amante ramarichevoli mormorii sentirono li miei orecchi, e subito della sua sanitá in varii pensieri messa, volli dire: «Che ti senti?». Ma vinta da nuovo consiglio mi tacqui, e con occhio acutissimo, e con orecchie sottili, lui nell’altra parte del nostro letto rivolto cautamente mirandolo per alcuno spazio l’ascoltai. Ma nulla delle sue voci presero gli orecchi miei, benché lui in singhiozzi di gravissimo pianto affannato, e il viso parimente e il petto bagnato di lagrime conoscessi.

Oimè! quali voci mi sariano sufficienti ad esprimere quale in tale aspetto, la cagione ignorando, l’anima mia divenisse mirandolo? E’ mi corsero mille pensieri per la mente in uno momento, e quasi tutti terminavano in uno, cioè che egli, amando altra donna, contra voglia dimorasse in tal modo. Le mie parole furono piú volte infino alle labbra per domandarlo qual fosse la sua noia; ma, dubitando che vergogna non gli porgesse l’esser da me trovato piagnendo, si ritraevano indietro; e similmente trassi gli occhi piú volte da riguardarlo, acciò che le calde lagrime cadenti da quelli, venendo sopra di lui, non gli dessero materia di sentire ch’el fosse da me veduto. Oh quanti modi, impaziente, pensai d’adoperare, acciò che egli desta mi sentisse non averlo sentito, e a niuno m’accordava! Ma ultimamente, vinta dal disio di sapere la cagione del suo pianto, acciò che egli a me si volgesse, quale coloro che ne’ sogni o da caduta, o da bestia crudele, o da altro spaventati, subitamente pavidi si riscuotono, il sogno e il sonno ad un’ora rompendo, cotale súbita con voce pavida mi riscossi, l’uno de’ miei bracci gittando sopra li suoi omeri. E certo l’inganno ebbe luogo, perciò che egli, lasciando le lagrime, con infinta letizia subito a me si volse, e disse, con voce pietosa:

— O anima mia bella, che temesti? —