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mina i sommari e riduce i nove capitoli a sette libri. Il perché è facile supporlo: i capitoli quali li trovava nelle edizioni precedenti non avevano nessuna proporzione fra di loro perché ce n’erano due (il IV e il IX) che comprendevano poche pagine, e uno (il V) che aveva una estensione di circa metá dell’opera intera. Messer Tizzone volle rimediare a tali evidenti sproporzioni, e, lasciando intatti i primi due capitoli, fuse insieme il III e il IV, fece diventare IV, V e VI libro, rispettivamente i capitoli V, VI e VII, e per il VII e ultimo aggregò il capitolo IX all’ VIII. Occorre rilevare che questa distribuzione è del tutto arbitraria? Chi non sa che era nella consuetudine del Boccaccio distribuire le sue opere in capitoli o libri molto lunghi accomunati con altri brevi o brevissimi?

Alla fine del testo dell’Elegia c’è l’errata-corrige che comprende poco piú di cinque pagine, e in fine c’è l’indicazione: «Impressa in Vinegia per Bernardino di Vitale, e compiuta a duo di settembre de l’anno MDXXIIII».

Con quali criteri messer Tizzone eseguisse la promessa di corregger la Fiammetta, è presto detto: tenendo presenti un paio di edizioni di cui una a me par certo che dovesse essere la Giuntina del 1517 o una ristampa, il nuovo editore corregge come gli pare e qualche volta si lascia sedurre a inserire qualche piccolo pezzo interamente suo. Trascrivo qui il principio del Prologo mettendo in corsivo le parole che hanno risentito dell’intervento dell’editore: «Suole a’ miseri crescer di dolersi vaghezza, quando di sé discernono o sentono in alcuno compassione. Adunque acciò che in me volonterosa piú che altra di dolermi [omesso: di ciò] per lunga usanza non si menomi la cagione ma s’aumenti, mi piace o nobili donne, ne’ cuori de le quali Amore piú che nel mio forse felicemente dimora, narrando i casi miei tentare di farvi, s’io posso, pietose. Né mi curo che ’l mio parlare agli uomini [omesso: non] pervenga».

Correzioni di tal genere abbondano per tutto il testo, e bisogna riconoscere che spesso sono fatte in modo che apparentemente il senso riesce piú chiaro. Per esempio, a pag. 68 della nostra edizione, il passo «Certo non io: anzi cosí come fedelmente parlava, cosí con fede le parole e le lagrime riceveva», nel quale concordano i manoscritti e le edizioni anteriori a quella di messer Tizzone, fu da costui corretto in questa forma: «Certo non io: anzi cosí come fedelmente pareva che parlassi e che pian-