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CAPITOLO IX

Nel quale madonna Fiammetta parla al libro suo, imponendogli in che abito, e quando e a cui egli debba andare, e da cui guardarsi; e fa fine.

O picciolo mio libretto, tratto quasi della sepoltura della tua donna, ecco, sí come a me piace, la tua fine è venuta con piú sollecito piede che quella de’ nostri danni; adunque, tale quale tu se’ dalle mie mani scritto, e in piú parti dalle mie lagrime offeso, dinanzi dalle innamorate donne ti presenta, e se pietá guidandoti sí come io fermissimamente spero, ti vedranno volentieri, se Amore non ha mutate leggi poi che noi misera divenimmo. Né ti sia in questo abito cosí vile come io ti mando, vergogna d’andare a ciascheduna, quantunque ella sia grande, pure che essa te avere non ricusi. A te non si richiede abito altramente fatto, posto che io pure dare tel volessi. Tu déi essere contento di mostrarti simigliante al tempo mio, il quale, essendo infelicissimo, te di miseria veste, come fa me, e però non ti sia cura d’alcuno ornamento, sí come gli altri sogliono avere, cioè di nobili coverte di colori varii tinte e ornate, o di pulita tonditura, o di leggiadri minii, o di gran titoli; queste cose non si convengono a’ gravi pianti, li quali tu porti; lascia e queste e li larghi spazii e li lieti inchiostri e l’impomiciate carte a’ libri felici; a te si conviene d’andare rabbuffato con isparte chiome, e macchiato e di squallore pieno, lá dove io ti mando, e co’ miei infortuni negli animi di quelle che ti leggeranno destare la santa