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272 capo xxvii.

fessione e colle scaltrezze loro proprie signoreggiavano e dirigevano a modo loro le coscienze, e all’esame degli Inquisitori dovendo essere portati tutti i libri prima di vedere la luce, potevano essi coll’ignoranza influire eminentemente sullo spirito dei popoli e illuderli con que’ principii che a loro soli giovavano. La Curia infatti col mezzo del Sant’Offizio intimidiva gli scrittori, paralizzava il genio, e vietava la circolazione di ogni idea che non conferisse a’ suoi fini: per esso impedì che in Italia si scrivesse contro gli annali del Baronio, uno fra gli antesignani delle esorbitanze papali; per esso sequestrò ed arse infiniti libri, in cui quelle esorbitanze erano impugnate; per esso altri libri di autori d’intemerata fama furono adulterati nei luoghi non favorevoli a Roma, ritirati gli esemplari genuini e sparsi a vece i manomessi; per esso caddero le officine tipografiche già così illustri in Italia, l’arte libraria venne meno, e si guastò il buon gusto nelle lettere; per esso infine fu istituito quel monopolio intellettuale per cui le scienze, le arti, l’industria, le accademie, le università dell’Italia si risentirono in quel secolo di tutta la meschina influenza fratesca. Ma Frà Paolo volle liberarne la sua patria, e a lui si deve se l’Inquisizione trovò ostacoli nelle sue usurpazioni, e se il commercio librario nello Stato Veneto si mantenne tuttavia in fiore e contribuì ai progressi della civiltà.

L’arbitrio che si arrogava la Corte nella collazione dei beneficii ecclesiastici, oltrechè le fruttava un’immensa ricchezza, era cagione che i beneficiati si mostrassero più teneri del papato che della patria;