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capo xxvii. 269

tenzione ove più gli piace, o divagarlo con distrazioni opportune ove possa nascere fastidio, e la monotonia di una gravità continua è a volta a volta interrotta da laconismi frizzanti, tanto più notabili in quanto che escono all’improvviso e fanno una specie di piacevole sorpresa. Le sue riflessioni sono brevi e derivate dalla conseguenza naturale dei fatti; concise e nondimeno profonde le sue sentenze.

Tanta perfezione di stile non è però stata senza fatica; ma come i versi dell’Ariosto che sembrano così facili, e costarono all’autore una lunga lima, così le cancellature e i pentimenti di Frà Paolo che ancora si osservano nel suo autografo, e le varianti che passano tra esse e le edizioni stampate, sono prova quanta diligenza ponesse egli a castigare lo stile e la locuzione e con quanto raffinamento procedesse a limare il suo lavoro, a togliervi tutte le parole inutili, a rotondare la sua frase e renderla più breve ed espressiva, a scegliere i modi più idonei a dar forza al concetto; e infine si può avere un’idea della sua cognizione e buon gusto anco nella lingua italiana, dalle moltissime e minuziosissime emende grammaticali fatte sulle forme e i modi di dire, cancellando le più comuni per sostituirne altre più eleganti, ed avvicinare la locuzione a quella de’ più forbiti scrittori. Ma il suo pregio maggiore si è di avere saputo occultare agli altri la fatica che spese, sì che, come dice il poeta,

L’arte che tutto fa nulla si scopre.

Comechè il soggetto sia arido, Frà Paolo ha saputo renderlo vario e dilettevole. Con rara facilità,