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capo xxvii. 265

concetto il disegno dell’opera, non era più arduo ad una mente quale era la sua, di stilizzarla. Egli non faceva che deporre sulla carta le cognizioni già ricettate nell’intelletto. Tale infatti era il suo metodo: metodo cui doveva alla mirabile sua memoria e alla facoltà preziosa di saper ben concepire un argomento e dividerlo in parti. Leggendo quell’istoria, vi si trova una economia così regolare e sempre distribuita con giuste dimensioni, uno stile così conforme dal principio sino al fine, una pienezza e facilità così costante, e le cose così ben digeste che ben mostra essere stata concetta nella mente da una riflessione lunga e matura, e deposta sulla carta tutta di seguito. Nelle istorie lunghe e dettate pezzo a pezzo e dove l’autore sia obbligato a sospendere la penna per affaticarsi in ricerche sull’origine di un fatto o verificarne la natura, per quanta sia l’arte, sempre appariscono membri sconnessi, irregolarità nella narrazione, abbondanza in un luogo, aridezza in un altro e nell’ultimo stanchezza e tedio. Nulla di tanto in quella di Frà Paolo: tu la scorri dal principio al fine sempre con ugual diletto, e malgrado l’uniformità dell’argomento e le materie ispide o noiose, e l’apparente austerità dello stile, il suo libro ha luogo tra i più interessanti che siano stati mai scritti. Le materie dottrinali, le disputazioni de’ teologi, oscure, intricate, fastidiose, sono da lui sviluppate con una lucidezza, piacevolezza e brevità ammirabili; l’origine, il progresso, le vicende, o la corruttela di varie instituzioni ecclesiastiche o della disciplina, come che narrate con concisione, lasciano nulla a desiderare;