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38 capo ii.

spettanti al suo giudizio; per le altre formava i processi e la sentenza, e li mandava al generale per esssere approvati. Se un frate appellava da lui al generale, ei poteva sostenere la sua sentenza rimettendola al giudizio di un altro provinciale, ed era valida se questi giudicava conforme a lui. Abitava quel convento della provincia che più gli piacesse; ne’ viaggi, spesato dal comune; da alcune tasse percepiva anco una specie di emolumento. Uscito di carica godeva di varii privilegi, come di essere definitore per diritto; di non essere corretto, tranne il caso d’insulti o provocazioni personali, dal priore; di precedere tutti gli altri magistrati inferiori al grado di provinciale; e di essere servito da un converso a sua scelta, non però al tutto esente dal ministerio pubblico.

Anco il generale durava in carica tre anni, con una contumacia di sei anni prima di essere rieletto. Per altro queste contumacie fratesche, introdotte la maggior parte da Frà Paolo ad esempio degli altri Mendicanti, non si osservavano mai. V’erano mille intrighi per deluderle, e sempre pronta una dispensa di papa per violarle. A rigor di legge il generale doveva essere eletto dal gran Capitolo, o dieta o comizi, come lo chiamavano, e ogni provincia proponeva i suoi candidati. Ma tra i Serviti troppo frequenti erano le elezioni forzate; perocchè i gran duchi di Toscana, il papa o il cardinal protettore, quelli per favore, questi per danari intrudevano chi a loro piaceva, e obbligavano il Capitolo a riconoscerlo. La sua autorità, comechè ampia, era tutta costituzionale; presiedeva o per sè o pe’ suoi vicari