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34 capo ii.

vanza delle regole: quindi scisme è riforme continue. I frati, per lo più gente plebea, trascurarono gli studii, divennero arroganti, oziosi, turbolenti, superbi, fanatici, persecutori; le scienze teologiche abbandonate al loro idiotismo furono tramutate in puerilità e logomachie, o in quella minuziosa casuistica tanto funesta alla morale; peggiorò la scolastica, già guasta dalle suttilità degli aristotelici; la dialettica fu ridotta ad un gergo barbaro, e l’eloquenza sacra a gonfie declamazioni; furono intenebrate la filosofia e la storia; alle Sacre Scritture e ai Padri della Chiesa furono sostituite le decisioni dei moderni capi-scuola, e Scoto fu l’oracolo dei francescani come Tommaso di Aquino lo fu dei domenicani.

A vece moltiplicarono in infinito le superstizioni, le pratiche esterne, le feste, i santi, i miracoli, e quindi l’ozio e la ignoranza nel popolo allettato alle chiese fratesche e divertito con pompe e solennità, in solo profitto dei conventi. Pei frati ebbero voga la devozione agli scapolari, alle reliquie di cera o di carta, agli agnusdei; per loro si accreditarono fuor misura le indulgenze e le finzioni intorno al purgatorio; e il diavolo diventò, per così dire, la macchina loco-motiva di tutte le loro furberie: fomentarono essi i pregiudizi intorno alle stregonerie, inventarono scongiuri contro la gragnuola cui attribuivano a malignità d’incantatori; inventarono l’usanza di benedire in certi tempi dell’anno, e sotto gli auspicii di un tal santo, le case, le stalle, i bestiami, o i campi, onde preservarli dal fuoco, dalle epidemie, o dalla grandine o da altro diabo-