Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/335


capo xvii. 327

Dieci, si trova cenno nel carteggio dell’ambasciatore Contarini. Più altri di cui ignoro il nome.

Corse allora fama e dura tuttavia che l’orrida congiura fosse maneggiata dalla corte di Roma: io senza affermar nulla esporrò ingenuamente quanto ho potuto ricavare dai dispacci di Francesco Contarini ambasciatore veneziano a Roma, a cui era stata data dal governo la commissione di fare le più diligenti ricerche; da alcune lettere di Agostino Dolce residente della Repubblica a Napoli; e dalle lettere intercette che Ridolfo Poma scriveva alla sua famiglia, o riceveva da lei.

Innanzi tratto devo notare alcune fallacie del Grisellini, ch’e’ ricopiò parte delle Istorie di Augusto de Thou, amico invero del Sarpi, ma che non potè nulla cavargli di preciso intorno a quest’affare sul quale si ostinò ad osservare un inviolabile silenzio; e parte da alcune pretese notizie trasmesse dall’ambasciatore della Repubblica a Roma ai capi del Consiglio dei Dieci e da questi al Senato comunicate. Secondo lui, autori dell’assassinio furono i gesuiti che ne commisero la cura al Padre Possevino, il quale ottenne dal cardinal Borghese ampia facoltà di usar quei modi che avvisasse più acconci. Pe’ suoi maneggi il Sant’Offizio processò Frà Paolo, il papa lo scomunicò pubblicamente con un suo Breve, e non essendo comparso alla citatoria, fu qual ribelle e contumace sentenziato a morte. L’esecuzione fu affidata a Ridolfo Poma, del quale il Possevino si ebbe in pegno due figliuoli: l’Inquisizione gli diede denari e lettera patente per lui e pei suoi cooperatori. Temo assai che siano altrettante invenzioni