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324 capo xvi.

termesso per conservare giorni tanto insidiati, e alla Repubblica tanto preziosi.

Commosso il Sarpi da tante pie cure, ne rese grazie al Collegio colla seguente lettera:

«Serenissimo Principe. Le beneficenze dei principi verso i suoi servitori per lo più superano i meriti di chi le riceve, e sono superiori alle loro speranze; ma la munificenza della Serenità Vostra verso di me ha sorpassato quanto mai avessi potuto desiderare. Io non ho aspirato più oltre che ad essere onorato col titolo di servitore della Serenità Vostra, ed Ella non solo mi concedette questa grazia, ma in appresso vi aggiunse moltissimi doni e aumenti ancora due volte in poco tempo, e finalmente per cumulo de’ suoi benefizi si è compiaciuta di condiscendere a credere che io vivo contento delle grazie fattemi. Del quale favore, riputandolo io il maggiore che conseguire potessi al presente, ne rendo con tutto lo spirito quelle riverenti ed affettuose grazie che posso. Dovranno esser queste un testimonio al mondo di quello ch’è verissimo, cioè, che servo per mio debito, con religione e coscienza, e non per alcuna mondana speranza. Ma quanto si aspetta alle lodi colle quali piaciuto l’è di onorare la mia umilissima persona, non riconoscendo in me alcuna pregevole qualità che le meriti, le ricevo per avvermento di quello che dovrei essere e per ammonizione di quanto dovrò fare; laonde cercherò di formarmi secondo il modello esposto dalla Serenità Vostra in forma di lodi, per riuscire servitore non inutile a quest’augusta Repubblica ed all’Eccellenze Vostre».