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314 capo xvi.

ponno essere sostanziali, ma altre sono forse chimeriche; per esempio Santa Apollonia vergine e martire, che non era una giovinetta ma una vecchia, e non colle tenaglie ma con un pugno le furono tratti i denti (se ne aveva ancora), si buttò in un rogo senza motivo, sì soltanto per far vedere che non temeva il morire. L’azione è lodata dagli scrittori ecclesiastici, e la pia suicida fu canonizzata; ma io loderei più volentieri quella dama romana la quale piuttosto che lasciarsi contaminare dal tiranno Massenzio, si uccise. Ciò nulla ostante San Giovanni Crisostomo loda moltissimo Sara che per salvare il marito si giacque con Abimelech, e ne propone l’esempio alle altre donne. Molti casuisti ritengono lecito il suicidio in varii casi; per me lo biasimo in tutti, tranne là dove l’uomo in potere d’altrui, teme per forza di tormenti di dire o fare cosa ingiusta alla sua coscienza. E questo parmi che fosse il pensiero di Frà Paolo.

Si accumulavano gli indizi. L’ambasciatore Contarini scriveva al Consiglio dei Dieci, a’ 29 settembre, che un certo Rutilio Orlandini veniva a Venezia per commettere un delitto. Quest’Orlandini era stato prima frate nel convento di San Paolo a Roma, ma essendo uomo terribile e scandaloso, fu scacciato dal convento, o se ne andò egli stesso dopo avere derubato a forza sulla pubblica strada due monaci del monastero di Farfa. Si fece soldato della Repubblica: accusato d’intelligenza per dar Rovigo a pontificii, fu imprigionato, poi espulso. Andò a Roma, si diede alla vita del bandito, dello sgherro e dell’assassino, alloggiando in casa del duca