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accarezzato e terminerebbe la sua causa con soddisfazione propria e della Repubblica. Ma il frate che conosceva le arti, non si lasciò prendere.

Intanto lo zelo, il disinteresse e la prudenza con cui si era comportato ne’ passati negozi gli meritarono la più ampia confidenza del governo. Il quale volendo da prima rimunerare quelli che più fedelmente lo avevano servito, aggiunse 100 ducati ai 100 cui già godeva Frà Fulgenzio, e al Sarpi furono pure aumentati gli stipendi; ma di quanto, lo ignoro: se non che all’uffizio di teologo essendogli aggiunto quello di cosultore in jure, si può supporre che altri 200 ducati almeno gli fossero assegnati. E fugli aperto l’adito ai secreti archivi, materia gelosissima a Venezia, dove non mettevano i piedi se non i cancellieri e segretari di Stato vincolati al secreto da severi giuramenti. Gli archivi di Venezia erano a quei tempi, e sono ancora adesso le preziose reliquie che ne rimangono, un vasto emporio di cognizioni storiche e il più dovizioso che ancora si conoscesse. Là giacevano depositate come in occulto santuario, oltre agli atti del governo interiore e le sue relazioni e transazioni cogli esteri, le osservazioni fatte sui luoghi dagli ambasciatori, residenti e consoli che la Repubblica spediva in varie parti, e memorie di viaggiatori, e storie arcane, e lettere di diplomatici; tal che affidata al Sarpi quella immensa suppellettile di documenti statuali, si messe con ardore a studiarli e a farne indici e sunti che disposti in ordinate rubriche secondo l’ordine de’ tempi e delle materie gli servirono a rispon-