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302 capo xv.

non ammette divinità intermedia: ma questo culto così semplice esige per essere concepito una profonda applicazione della mente, da cui aborrono le moltitudini, le quali giudicando il governo del mondo invisibile da quello che vedesi nel mondo materiale, divisero la terra fra varii Iddii come è divisa fra varie nazioni, e supposero negli Dei varietà di occupazioni, e gerarchie e gradi infimi o supremi come nel mondo. La mitologia del moderno politeismo, figlia di freddi pensamenti monastici, cede a gran pezza alle antiche ingegnose finzioni onde poeti e filosofi velarono con belle allegorie reconditi arcani della natura o misteri di religione; perchè il gusto de’ popoli nelle età di mezzo non era un gusto vergine come in quelli della antichità, i quali dallo stato di natura erano coi sussidi della religione e della poesia avviati verso la civiltà; ma grossolano per stupidità di genio e depravato da reliquie multiformi di tradizioni quali potevano essere in una società scomposta e inselvatichita da violenti vicende, e in cui a misura che impallidivano le cognizioni e dileguavano le lettere di una generazione civile, subentravano disordinate e confuse le memorie e i costumi di cento generazioni barbare. Ivi dunque vivendo gli uomini nella povertà e nello stento e in uno stato di guerra continuo, senza agricoltura, senza arti, senza i comodi della vita e i diletti della libertà, circondati ovunque da solitudini, prostrati dalle pestilenze e dalle fami, atterriti dai portenti della natura di cui ignoravano le cause, mancò ogni calore alla immaginazione, ingelidì il pensiero, e, incapace di seguire le sublimi