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294 capo xiv.

pontefice, un interdetto sulla diocesi. Le Corti, determinate a sostenere i loro diritti, se ne richiamarono con forza al Consiglio di Spagna, il quale bandì il decano, sequestrò le sue rendite, e sequestrò 40,000 scudi che giacevano per conto della Camera romana, rimise l’amministrazione delle spoglie al magistrato secolare acciocchè pagasse i debiti del defunto, e disponesse il rimanente secondo le leggi di Aragona; e infine comandò ai nunzio pontificio a Madrid che levasse l’interdetto, il quale ubbidì: ma il suo auditore che volle fare opposizione, fu scacciato dal regno.

Quel Consiglio andò più innanzi. Per le leggi di Spagna nissun forastiero poteva ottenere beneficio o pensione ecclesiastica nello Stato; ma la corte di Roma, feconda di artifizi, a deludere la legge soleva conferir le pensioni sopra una prebenda della Spagna a qualche Spagnuolo che risedesse in Roma coll’obbligo di passarla in mano ad altro favorito, solitamente italiano. Il Consiglio di Madrid fece intendere al papa che non voleva più pensioni in capo di Spagnuoli ed a profitto d’Italiani; e aggiunse che fosse abolito l’uso delle spoglie, alle quali sarebbesi sostituito un annuo compenso; che il re dovesse nominar egli a tutti gli episcopati de’ suoi regni, anco in Italia; e infine che tutte le cause ecclesiastiche, eziandio in seconda istanza, fossero giudicate non più a Roma, ma in Spagna. Tali domande riuscivano indigeste alla Curia, che in loro scorgeva un tarlo funesto; pertanto cercò di cansarle, inventò sotterfugi, tirò in lungo, ma infine dovette comporsi con discapito suo.