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capo xiv. 285

denza nella risurrezione, quando sia profondamente inculcata e sentita, produce un effetto meraviglioso sulla moralità delle azioni e può giovare del paro alla virtù e alla politica; e la dottrina del Verbo apparve così necessaria agli antichi pensatori che accomunarono la filosofia colla religione, che non la conoscendo per rivelazione la inventarono per ipotesi ingegnosa col fine di spiegare certi fenomeni del mondo morale, e l’origine della materia e dei mondi, e il dualismo ossia il sistema teologico fondato sui due principii, il buono ed il malo; che il cristianesimo depurò dalle molte contradizioni che si riscontrano nei sistemi religiosi degli Orientali.

I narrati dogmi furono da Cristo e dagli Apostoli insegnati con semplicità, nè punto curarono di addentrarsi nelle astruse specialità del loro essere. Premisero la fede, per la quale si dovevano credere; e questa fede è niente altro che la convinzione di una verità morale che non adduce prova di sè, ma necessaria per le dimostrazioni e i corollari che ne derivano: e purchè quella si creda, lasciarono libero al pensiero di filosofare sulla natura di quei dogmi, e sulle loro qualità, forme e modi. Il perno del cristianesimo essendo la carità che consiste in una sconfinata benevolenza verso tutte le creature, i primi dottori non dannarono eretico chi seguisse piuttosto una che un’altra opinione secondaria e indipendente dall’oggetto principale; ma chi mancava di questa divina virtù, dalla quale, come da ampia scaturigine, tutte le altre provengono. Imperciò, quantunque i gnostici cominciassero a corrompere