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CAPO DECIMOQUARTO.


Il cristianesimo, a chi lo assaggia nelle genuine sue fonti, è opera mirabile per la sua semplicità: perchè essendo stato dato da Dio a tutti gli uomini, buono per tutti i climi, incorruttibile nella interminabile successione de’ secoli, uopo era che i suoi dogmi fossero il concetto eterno della ragione, e fondassero su principii facili a concepirsi, e per così dire congeniti colla indole umana. Laonde non a torto gli antichi Padri della Chiesa gli davano il nome di religion naturale cui i più sani filosofi conobbero e seguitarono. V’ha nondimeno una differenza a vantaggio del primo, ed è che ciò che in questa non era che ipotetico, l’Evangelio coll’argomento della fede ha dedotto a certezza. Dio, immortalità dell’uomo, premio o pena in una vita avvenire, sono dogmi connaturali alla ragione e conosciuti dalla specie umana fin dalla infanzia del mondo, i quali niuno può negare senza violentare la coscienza.

A questi il cristianesimo ne aggiunse altri due, i quali, a chi attentamente li considera, sembrano conseguenze dei primi: e sono la umanità di un Verbo o parola di Dio e la risurrezione de’ corpi; i quali se non si apprendono dal lume naturale sono pure di data assai rimota, e se ne trovano sparse visibili tracce nella teologia de’ popoli vetusti. La cre-