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282 capo xiii.

eminente, ma non sempre compagno colla buona fede e ingenuità di sincero scrittore: combattè poi i diritti o le pretese della Corte romana, non per un generoso motivo come Frà Paolo, ma per andare a versi della corte di Francia e per non perdere i suoi stipendi. Dicono che siasi ritrattato, il che se è vero fa ancora più torto al suo carattere, stantechè in onta a quella ritrattazione, negli ultimi anni di sua vita rifece la Difesa che ho sopra citata, dando una nuova disposizione ai libri e alle materie, e pensava di stamparla quando morì: il che poi fece suo nipote altro Jacopo Benigno Bossuet vescovo di Troyes. Per quella Difesa accusato dai Romanisti di poco sincera ortodossia, a purgarsene, e a togliere lo scandalo che dava il fasto dei prelati francesi a fronte del modesto contegno dei ministri protestanti, il culto dei quali non era di alcun dispendio allo Stato o di aggravio ai popoli, consigliò uno spergiuro, qual era la rivocazione dell’editto di Nantes e le stragi degli eretici.

Invece Frà Paolo dotto nelle scienze ecclesiastiche come Bossuet, e di lui più dotto e più filosofo in altri rami di sapere, nella lunga sua vita non ebbe mai contese con nissuno; amò tutti i buoni, odiò tutti i perversi senza distinguere a qual corpo si appartenessero; uomo di Stato, consigliò la tolleranza di tutte le opinioni, quando non turbino la società; teologo profondo, ma non fanatico, vide sempre con dispiacere le controversie su punti oscuri di dogma che nulla importano alla sostanza della carità cristiana, primo dogma stabilito nell’Evangelio; per