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capo xiii. 279

notai della cancelleria e da altri testimoni condusse i prigioni al palazzo di Francia dove stavano l’ambasciatore e il cardinale. Questi si ritirò, e presente molto popolo accorso allo spettacolo il segretario rivolto a Dufresne Canaye disse: «Sua Serenità mi ha commesso di consegnare a Vostra Signoria l’abate Brandolino e il canonico Saraceno qui prigioni: il che Sua Serenità fa in gratificazione di S.M. Cristianissima, protestando che ciò sia e si intenda senza pregiudizio del suo diritto di giudicare ecclesiastici». Nelle quali parole fu scaltramente evitata ogni allusione relativa alle censure trattando questa consegnazione come un affare privato tra Francia e la repubblica. L’ambasciatore rispose: E in questa forma io gli ricevo; indi condusse i prigioni al cardinale e questi gli diede ad un prete romano venuto privatamente, e che pregò le guardie a custodirli.

Fatto questo il cardinale coll’ambasciatore si recò al Collegio. Tutti stettero seduti e col capo coperto. Gioiosa annunciò che le censure erano levate, e pregò che fosse mandato ambasciatore a Roma dicendo che pregherebbe anco il pontefice perchè mandasse nunzio a Venezia. Il doge gli consegnò la rivocazione del protesto, e il cardinale uscito andò a celebrare una messa a cui nissun senatore intervenne.

Benchè questo disastroso accomodamento fosse il men peggio che si potesse aspettare la corte di Roma da un passo fatto con tanta inconsideratezza, dai Curiali fu sentito con vivo rammarico, massime dopo che apparve la rivocazione della protesta in-