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278 capo xiii.

re intervenimento di commissari o notai pontificii nelle consegne de’ prigionieri; e a maggior prova che l’interdetto è un atto nullo, vollero che fossero compresi nell’accomodamento tutti gli ecclesiastici che vi avevano scritto o predicato contro. Il cardinale desiderava che il Senato ritrattasse le lettere scritte ai Rettori delle province, e particolarmente una girata per varie mani e che il Senato riconosceva apocrifa, e inoltre che mandasse due ambasciatori a Roma, dicendo che il papa lo meritava per la grazia singolare che faceva alla Repubblica: ma il Senato si ostinò a non voler mandarne che un solo rispondendo che in altre occasioni ne avrebbe mandato anco dieci trattandosi di far onore al pontefice, ma non in questa. Quanto alle lettere disse, che erano secrete; e nissun principe essere in debito di render ragione ad un altro di ciò che scrive a’ suoi ministri; e per quella che era falsa, come d’altre simili, non essere dignità di principe l’occuparsene. Bastasse che il governo le aveva già fatte ritirare, e cercatine gli autori.

La redazione del manifesto in cui il Senato annunziava che l’interdetto era levato, fu oggetto di lunghe discussioni. Il cardinale avrebbe voluto che si dicesse: Avendo noi rivocato il protesto, Sua Santità si è degnata di levar le censure, ma il Collegio non volle mai ammettere una tal formola e non fu se non dopo un lungo scrivere e cancellare che accettò la frase: Essendo state levate le censure resta parimenti rivocato il protesto.

Così convenuti, a’ 21 di aprile del 1607 il segretario del Senato Ottobuono accompagnato da due