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capo xiii. 273

puto che il Senato aveva promesso di non trattare per altro mezzo che per quello di Francia, conobbe che la miglior via di uscire da quel difficile intrico era di ricorrere al mediatore più disinteressato, e in cui la parte contraria più fidava; e fatte le sue scuse al re Enrico si commise tutto nelle mani di lui.

In pari tempo Frà Paolo che era l’anima di tutte le deliberazioni veneziane, ben conoscendo che il maggiore ostacolo ad un decoroso accomodamento erano gli artificiosi maneggi de’ ministri di Spagna che sempre tenevano il papa sospeso con offerte di aiuti, pensò modo di farli recedere e di disingannare il pontefice sul conto loro. Nelle consulte che frequenti si tenevano o nel Collegio, o in casa del doge, in circoli privati, o fin anco nella sua cella, l’astuto frate consigliò che bisognava far risolvere il re di Francia a qual partito si appiglierebbe, dato il caso di una guerra. Ma Enrico IV, temendo che una dichiarazione formale fosse per guastare tutti i suoi buoni uffici per la pace, rispose convenir meglio pensare alle vie di conciliazione anzichè alla guerra, ma pure si fece abbastanza intendere che in questo caso non avrebbe abbandonato la Repubblica.

In questo medesimo tempo Giacomo I re d’Inghilterra aveva disgusti gravi colla corte di Roma per le cagioni che dirò in altro luogo, e aveva già offerto ogni qualità di sussidio alla Repubblica. Frà Paolo confidentissimo amico del cavaliere Enrico Wotton ambasciatore di quel re a Venezia, lo persuase ad indurre il suo principe ad una più decisa


Vita di F. Paolo T. I. 18