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capo xii. 257


(1606 ott.). Ma per un singolare contrapposto di opinioni, intanto che l’Inquisizione romana con decreto del 20 settembre condannava alle fiamme i libri di Frà Paolo e che i divoti inquisitori nutrivano anco la speranza di abbruciar l’autore; il Senato quasi per far dispetto a Roma, con altro decreto dei 28 pure settembre, inalzava con lodi il merito del medesimo, e lo gratificava di premii. E l’Inquisizione di bel nuovo, a sfogo impotente di vendetta, lo citava con altro decreto del 30 ottobre a comparire in persona, fra 24 giorni, sotto pena di scomunica latæ sententiæ infamia perpetua e privazione di ogni ufficio e dignità, per avere sostenuto e provato che la repubblica di San Marco ha ragione, e il successore di San Pietro, torto; il che è un’eresia. Tal è la sostanza. Il decreto del Senato diceva: «Continuando il rev. P. Maestro Paolo da Venezia a prestare con singolar valore quell’ottimo servizio ond’egli fra tutti con le sue scritture piene di profonda dottrina sostenta con validissimi fondamenti le potentissime e validissime ragioni nella causa che ha di presente la Repubblica colla corte di Roma, anteponendo il servizio e la soddisfazione pubblica a qualsivoglia suo particolare e importante rispetto, è perciò giusto e degno della munificenza del Senato il dargli modo con che possa assicurare la sua vita da ogni pericolo, e sovvenire a’ suoi bisogni, benchè non ne faccia alcuna instanza, ma si mostri alieno da qualsivoglia ricognizione. Tal è la sua modestia e così grande il suo desiderio che ha di far conoscere che nessuna pretensione di premio, ma sola


Vita di F. Paolo T. I. 17