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capo xi. 227

come al tutto inutile. Frà Paolo chiamò a rassegna il diritto pubblico ecclesiastico francese, ma dopo assai maturare trovò che i mezzi adoperati in quel regno non servivano alla Repubblica stante la diversità delle instituzioni; e che infine il migliore espediente era quello di attenersi a quanto già innanzi aveva proposto; cioè alle vie di fatto, che erano più semplici e meglio lasciavano aperto il varco ad accordi.

Tutte queste ragioni da lui esposte al Collegio, e dal Collegio portate in Senato, fecero deliberare questo corpo conformemente a quanto avvisava il Consultore.

E però a’ 6 maggio pubblicò due manifesti, di cui, come di tutte le altre carte pubbliche che avessero affinità colla teologia, il Sarpi dettava il tenore o rivedeva la redazione del segretario: l’uno diretto ai Comuni, nel quale il Senato li informava della necessità e utilità del suo operare, dei torti del pontefice insussurrato da perversi consigli, e del fulminato interdetto; conchiudendo che siccome lo aveva incontrato non per demerito proprio, ma per la protezione e difesa de’ beni e dell’onore dei sudditi, così essi ancora procurassero in ogni evento di difendere le ragioni comuni e le loro particolari. L’altro diretto a tutto il clero dello Stato: dichiarava che il Breve monitorio del papa era contrario alla Scrittura, ai Padri, ai canoni della Chiesa, in pregiudizio dell’autorità secolare, perturbatore della quiete, scandaloso, e conseguentemente nullo e illegittimo; e comandava al clero non l’osservasse, e continuasse i divini uffici come sempre; e che