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226 capo xi.

perioso Paolo IV, e l’orgoglioso duca d’Alba dovette andare a Roma a implorare in ginocchio il perdono per avere combattuto in giusta guerra contro la Santa Chiesa e narrai come a Paolo V cedessero facilmente due repubbliche e l’Ordine di Malta e Spagna e Napoli e Parma. E fra tanta universale debolezza se la sola Venezia si manteneva inespugnabile, bisogna ben dire che faceva una gran prova di coraggio, e che confidasse assai nella sodezza del suo governo e nell’affezione de’ suoi popoli. Ma la resistenza che oppose questa volta, se non fu l’ultima, fu almeno decisiva.

(1606 Maggio). Pubblicati in Roma i cedoloni e diffusi colle stampe dappertutto, il Senato pensò ai modi di resistenza. Pareva a molti che si dovesse appellare dal papa al concilio, e fu richiesto Frà Paolo di produrre le ragioni con cui si poteva sostenerlo. Il quale in una scrittura di poche pagine sviluppò una materia per cui altri avrebbe impiegato un tomo. Propone prima le difficoltà de’ Curiali e de’ politici contra le appellazioni, e le discioglie; indi prova la superiorità del concilio sul pontefice con fatti dedotti dalla storia e dalle autorità dei Padri della Chiesa; e conchiude per le appellazioni.

Ma quando si venne alla pratica, sursero difficoltà imprevedute. Frà Paolo istesso si avvide che come rimedio di diritto, era poco; come rimedio di fatto era niente. Altre volte la Repubblica nei ponteficati di Sisto IV e Giulio II aveva appellato dal papa al concilio: nella prima occasione, felicemente; nella seconda, no; e però quel rimedio fu rigettato