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210 capo xi.

sì si abbandonò per cinque mesi alla malinconia, che in ogni cosa temendo il veleno, persino i memoriali che gli porgevano lasciava, tremando, cadere per terra. A strano male fa trovato conveniente rimedio. I suoi parenti congregarono quanti astrologi e divinatori erano in Roma, i quali dichiararono che l’influsso maligno delle stelle era passato e al papa restare lunga vita. Così tornò allegro, e ai concetti disegni.

Prima cosa, cominciò a stuzzicare la Francia per l’accettazione del Concilio Tridentino e lo scemamento delle libertà gallicane; poi accattò brighe quasi contemporanee con Spagna, perocchè il re voleva che i gesuiti pagassero, come gli altri ecclesiastici, le decime, ed essi non volevano; il papa gli sostenne, cesse il re. Con Napoli, per un magistrato che aveva fatto il suo dovere reprimendo l’audacia dei cherici, cui volle che fosse consegnato alla Inquisizione; e fu. Con Malta a cagione di beneficii che il papa volle, benchè ingiustamente, dare in commenda a suo nipote; e furono dati. Con Parma e Savoia per materia beneficiaria e di giurisdizione; e Parma e Savoia si diedero per vinti. E più particolarmente colle repubbliche di Lucca e Genova per le seguenti cagioni.

Molti cittadini lucchesi avendo abbracciate le nuove opinioni religiose si erano dalla patria allontanati e carteggiavano tuttavia coi parenti ed amici: il qual commercio di lettere fu vietato con pubblico editto dal governo. Il papa approvando la legge, disapprovò che fosse fatta da potestà laica, mentre trattando di cosa ecclesiastica a lui si apparteneva