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e tali famiglie, le quali in perpetuo avessero sole il diritto di farvi parte. E poichè tutti gli officii statuali si cavavano da questo corpo, ne proveniva che lo Stato fosse anco in mano tutto delle famiglie privilegiate. Così fu stabilita l’aristocrazia.

Questo passo a cui la Repubblica già da gran tempo si preparava, fu per versarla nel precipizio. Bajamonte Tiepolo, nobile, ambizioso, capo di numerosi malcontenti, congiurò col pretesto di ristabilire la democrazia, ma invero per comandar lui: e già stava per compiere il suo disegno, quando prevenuto dal doge fu vinto e bandito. La congiura diede origine al famoso Consiglio dei Dieci.

Non è mio scopo di descrivere la storia del governo veneto; solo dirò per brevi capi quale fosse al principio del secolo XVII.

La popolazione si distingueva in tre classi, patrizi, cittadini, e popolani o plebe. La sovranità era tutta in mano dei patrizi; l’amministrazione, divisa coi cittadini. Il Maggior Consiglio o corpo legislativo e sovrano si componeva di tutti i patrizi che avessero compiuti i 25 anni: 600 almeno perchè la riduzione fosse legale, e di rado toccava i 900. Esso eleggeva a tutte le cariche o per sè o sulle proposte del Senato o del Collegio: tutti gli atti di legislazione, o dati da lui o da lui convalidati. Deliberava a pluralità di suffragi, ed erano di tre sorta: sì, no, e non-sinceri; cioè nè l’uno nè l’altro. Si contavano i due primi; e i non-sinceri erano a puro complemento del numero legale. Era però necessario che i sì e i no sommati insieme fossero maggiori dei non-sinceri; e se non erano, la delibera-