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172 capo ix.


La sconfinata potestà a cui ascesero i pontefici dopo l’XI secolo e il cattivo uso che ne fecero, e i corrotti costumi del clero e l’avarizia della Corte, e le turbolenze continue degli Ordini monastici, eccitarono i lamenti di uomini celebri; ma a troppi premeva quello stato di cose, chè un decimo del sesso maschio nella popolazione europea vi partecipava. Tale immensa moltitudine, sparsa in varii regni, formava uno imperio indipendente dalle leggi locali, rêtto da un gerarca che si diceva (e i suoi seguaci lo proclamavano) supremo ai re, uguale a Dio. Indarno gli Albigesi, Vigleffo, Arnaldo da Brescia, Marsilio da Padova, Frà Dolcino ed altri tentarono di percuotere quel mostruoso edifizio: i tempi erano immaturi e i loro sforzi andarono macchiati di eresia. Indarno Nicola di Clemangis, Guglielmo Okamo, Guglielmo Durando, Giovanni Gersone e persino San Bernardo sclamarono contro i disordini: le loro deboli voci furono soffocate dalla corruzione universale. Il gran scisma di Occidente durato dal 1378 al 1428 offerse lo scandaloso spettacolo di due e fino tre papi in una volta, e di due concili ecumenici, l’uno avverso l’altro, e di papi e concili che s’ingiuriavano e scomunicavano a vicenda, intanto che si vantava ciascuno inspirato dallo Spirito Santo: i quali errori non valsero ancora a scemare il credito a’ papi, tanto profondamente erano prevenzionate le opinioni. Ma pure si spargevano i mali semi; e il giogo non ingrato all’Italia perchè dal papato traevano comodi e ricchezze numerosi individui, diveniva sempre più insopportabile oltremonti, vedendosi colà gl’immensi tributi pagati annual-