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170 capo ix.

pi; e la morte di Lotario e di varii suoi cortegiani, seguita poche settimane dopo un apparente riconciliazione col pontefice, fu considerata dal volgo superstizioso e vantata dai preti come un castigo di Dio in pena dei loro spergiuri. Quind’innanzi le scomuniche sempre più ingrossarono, massime dopo che furono maneggiate dall’accorto ed inflessibile Ildebrando, e accreditate con finzioni portentose dal suo coetaneo ed amico San Pietro Damiano. Terribili al sommo e pericolosi ne divennero gli effetti: perdita di ogni dignità ed onore, incapacità di testare o di eredare o di fare atto pubblico, di amministrare i suoi beni o di disporne, di esigere i suoi crediti, di usare de’ suoi diritti civili: insomma lo scomunicato era un uomo posto fuori delle leggi, contro al quale tutte le braccia dovevano armarsi, e su le robe o i dominii o la libertà o la vita di cui chicchesia aveva diritto. Giovanni XXII, Giulio II e Paolo IV nei loro anatemi fulminati, i due primi contra i Veneziani, e il terzo contro il re e i parlamenti d’Inghilterra, non inorridirono di raccomandare per la maggior gloria di Dio, che gli stabilimenti di commercio dei reprobi fossero atterrati, saccheggiate le loro case, massacrate le persone o per lo meno fatte schiave e vendute sui mercati pubblici A tanto eccesso di atroce follìa precipitarono uomini che si vantavano infallibili.

Dalle scomuniche vennero gl’interdetti, in ciò diversi dalle prime, che quelle dannano l’anima di coloro che sono colpiti e questi li privano solamente dei sussidii della religione. Spiritualmente la scomunica è più terribile, perchè lo scomunicato, fosse