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166 capo ix.

dicendosi essi padroni di tutti i beneficii ecclesiastici si arrogarono il diritto di conferirli, di darli in commenda o pluralmente, di gravarli di pensioni, di soggettarli a regressi e a riserve, o di permutarli: vantandosi padroni de’ possessi mobili e stabili delle chiese e luoghi pii, essi soli pretesero di poterne disporre, o di poter concedere che lo Stato levasse sopra di loro decime o tributi; a sè soli attribuirono la facoltà di concedere esenzioni o dispense o privilegi a’ cherici, agli Ordini regolari e ai laici, e la licenza di poter testare de’ beni della Chiesa; si arrogarono la facoltà di eredar essi le spoglie dei beneficiati morti, e di esigere a proprio profitto censi, decime ed annate; e si attribuirono la facoltà di legittimare o invalidare i matrimoni, di dispensare nei gradi di parentela, di commutare le ultime volontà, di approvare i notai; e di erigere università di studi, e di conceder loro privilegi ed esenzioni, e di conferir titoli e giurisdizioni a’ principi, ed immunità a’ privati. Andarono più innanzi: imputando a sè soli la potestà di rimovere i cardini celesti, e la non meno incredibile potestà di convertire ciò che è disonesto in atti onesti, usurparono i diritti impreteribili ed eterni della giustizia. Quindi Giovanni XXII nel 1320 inventò le famose tasse della Cancelleria romana, e Benedetto XII nel 1336 quelle della Penitenziaria, per le quali ad uno stabilito prezzo si arbitravano i papi di poter dispensare da tutti i doveri che impongono le leggi o la coscienza. E non bastando tanto esercizio di potere smodato sui vivi, lo distesero anco ai morti. Fin dal 1095 Urbano II aveva introdotte le indul-