Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/172

164 capo ix.


Il celebre monaco Ildebrando «allevato ed istrutto in Roma (dice il Micrologo), investigò diligentissimamente tutte le tradizioni apostoliche (cioè tutte le opinioni favorevoli alla grandezza papale), e dopo averle investigate, studiosissimamente si affaticò per ridurle in atto». I primi tentativi gli fece sotto i ponteficati di Leone IX, Vittore II, Stefano IX, Nicolò ed Alessandro II de’ quali fu segretario, o per dir meglio il direttore: indi pontefice egli stesso dal 1073 al 1086, e conosciuto col nome di Gregorio VII, vi pose l’ultima mano; e trovò nelle passioni di quei tempi, nell’odio degli Italiani avverso gl’imperatori tedeschi, e nella ambizione della famosa contessa Matilde sua protettrice, altri tanti potentissimi elementi che favorirono i suoi pensieri: umiliò un imperatore, fu egli stesso perseguitato e infelice, morì esule, sempre fiero e irremovibile del paro nella prospera e nella avversa fortuna: i Romani ne fecero un santo, gli Oltramontani un facinoroso; ma fu certo un grand’uomo e se non il creatore, l’ordinatore almeno della monarchia de’ papi. Avendo egli raccolto e perfezionato gli sparsi abozzi gettati in molti secoli dal talento e dalla fortuna, nè modellò un compiuto sistema, e, per usare le parole del Baronio, «ridusse a 29 capitoli le massime ricevute e praticate fino allora nella Chiesa cattolica, cui egli chiarì e promulgò onde reprimere l’audacia de’ vescovi e dei tiranni». Le quali massime sono:

«Che la Chiesa romana è la sola fondata da Dio, il pontefice è il solo vescovo universale; egli solo e di suo arbitrio può deporre e assolvere i vescovi,